Massimo Massari

" Ogni cosa che più ti aspetti, capita sempre quando meno te l'aspetti ... "

Inchiku

PESCARE A INCHIKU di Massimo Massari

Subito dopo l’imponente impatto del vertical  jigging,  le importazioni dall’oriente hanno interessato alcuni curiosi artificiali chiamati anche“Bottom ship”, di piombo e a forma di ogiva ( con più sfaccettature a seconda dei modelli),  forniti di un foro passante a circa 1/3 della lunghezza nel punto di maggior diametro. Allo stesso è collegato un polpetto siliconico di circa 5 cm di lunghezza, guarnito di due ami montati su un sottile ma resistente cordino.

Gli stessi sono abbinati, con una variante di colori incredibile. Le grammature, efficaci per il nostro mare vanno dagli 80 ai 180g, ma se ne possono trovare anche con peso variabile dai 20 ai 350g. In pratica per “Inchiku” si definisce un vero e proprio sistema pescante dato da canna, mulinello, trecciato, finale ed artificiale. La sua capacità di cattura è sconvolgente ed a paragone del predecessore vertical, impone un dispendio di energie nettamente inferiore, sia per il tipo di movimento, più lento e fluente che per il dimensionamento dell’intero complesso pescante.

Tutta l’attrezzatura ed il tipo di connessioni tra multifibra, finale ed esca, sono le stesse usate del vertical, ma  con la sola  differenza che tutto sarà nettamente più piccolo e quindi più leggero.

Parlando appunto di “Light jigging”, ed avendo precisato che il sistema di recupero è lento, le jerkate devono essere fatte in long molto lento, alternate a pause e piccoli scatti mirati ad animare l’esca. Anche per questa tecnica, il momento dello stacco dal fondo si rivela un momento decisivo, nonostante molti attacchi  si avranno anche parecchi metri dal fondo durante la sua ascesa. Di fondamentale importanza è agire il più possibile sulla verticale o con angoli di inclinazione prevalentemente poco ampi. (Nella sezione video ho linkato alcune riprese subacque molto interessanti che mostrano alcuni tipi di approccio e di attacco  del pesce a questo tipo di artificiale).

Per quel che concerne la canna, essa deve avere un cimino abbastanza sensibile, ma dimensionato al peso dell’esca, il fusto, però, deve essere di ottima qualità, con una riserva di potenza adeguata per poter combattere vittoriosamente prede di grossa taglia “Mi piego ma non mi spezzo! ”. In abbinamento, la scuola Jap ci ha educato ad usare piccoli ma potenti mulinelli rotanti. L’orientamento, per questioni di maneggevolezza e padronanza di sensibilità nel recupero, è il più consono. Io personalmente, avendo anche partecipato alla progettazione, utilizzo un vero e proprio mulo : l’Everol VJ6, (vedi recensione).

Il “reel” deve essere caricato con un tracciato dalle 20 alle 40 lb, anche qui, cercate di averne a disposizione 300mt. Stesso discorso del vertical: minore è il diametro maggiore sarà l’efficacia con meno peso a maggior profondità.

Al multifibre si collega il terminale di nylon, preferibilmente fluorocarbon di lunghezza compresa tra gli 8 e i 10 metri, con uno dei classici nodi di giunzione  multifibre/nylon che non si incastri negli anelli e garantisca buona tenuta. Sulla scelta del terminale bisogna fare una precisazione: visto che l’artificiale deve essere animato con minor frenesia rispetto al vertical jigging, addirittura va stoppato con prolungate pause, il terminale risulterà inevitabilmente molto più visibile ed identificabile. Questo in termini di diametro unitamente alle condizioni di luce è determinante. Infatti più profondi si scende, minore è la quantità di luce presente, in quanto assorbita dalle particelle in sospensione nell’acqua. Come regola di base possiamo orientarci su uno 0,30-0,35 per profondità entro i 25 metri, 0,40 tra i 30 e i 50 metri e 0,50 per profondità superiori. La scelta deve essere fatta in base anche al grado di limpidezza dell’acqua ed alle prede che per esperienza sappiamo incontrare in quel determinato spot

Andate e moltiplicatevi!

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